non è la stessa cosa

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Prima stampo, sottolineo, riscrivo pezzi di frase coi pennarelli colorati, faccio cornicette intorno ai titoli, evidenzio le scadenze e i materiali da preparare. Prendo appunti su fogli scritti da un lato, faccio frecce e schemi, parole chiave, concetti. Mi segno le domande da mandare prima della scadenza, rileggo la parte amministrativa che non capisco mai fino in fondo e non riesco mai ad arrivare attenta e vigile all’ultima riga.

Poi preparo il brief, mastico le richieste, le riordino e le digerisco, programmo le fasi, scandisco i tempi, includo dei giorni di pausa per non pensarci, per far sedimentare i pensieri e le idee.

Guardo le proposte, ci ragiono sopra, non esprimo un giudizio definitivo al primo sguardo. Richiudo il file e poi lo riapro, il mattino dopo  o un’ora dopo. Osservo le forme, i colori, la coerenza del tutto, l’effetto generale e il dettaglio. Esprimo il mio parere, cercando di evidenziare i punti di forza e suggerire strade per superare le criticità.

Poi, quando tutto è quasi pronto, scrivo: ciò da cui siamo partiti, cosa abbiamo voluto esprimere, come ogni elemento testuale o visivo ha una sua parte nella trasmissione di questo messaggio. Spiego il percorso che abbiamo fatto, peso le parole, riguardo la punteggiatura. Leggo ad alta voce, solo per me, e correggo ancora perché quando le parole le senti risuonare nella stanza capisci dove stanno bene e dove sono di troppo.

Infine, preparo le etichette, ragiono sul format delle tavole, monto i layout sul board, faccio una copia dei documenti e chiudo le buste. Metto lo scotch in tutte le alette e siglo ogni lembo.

Ho imparato questi gesti in un ufficio con soffitti alti, un banco da taglio, cartoncini e ritagli vari. Ho imparato questi gesti da una collega con i capelli rossi e un passo marziale che sapeva spaventare anche il capo. Ho fatto questi gesti per 13 anni e ho imparato che quando si chiude una gara, non c’è nulla che tenga, non c’è pausa pranzo, non si sente la frase “non me ne sono occupato io”. Quando si chiude una gara, tutta l’agenzia è concentrata solo su quello. Ed è bello sentire il respiro del collega di fianco a te mentre rifili i layout, avere qualcuno che ti passa lo scotch o che prenota il corriere per consegnare in tempo la busta. Quando si chiude una gara bisognerebbe sempre avere intorno un’agenzia, la mia, quella che mi ha insegnato il lavoro più bello del mondo. Non è lo stesso lavorare da casa quando si chiude una gara, non mi abituerò mai a questo.

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