il campo continua

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«40 anni fa don Andrea Ghetti – BADEN terminava la sua corsa terrena, a causa di un incidente d’auto durante la Route in Francia con il suo Clan Milano 1. L’ultimo messaggio che lasciò ai suoi ragazzi è «il campo continua». The show must go on. Quella Route finì bruscamente e la ripresa fu dura. Ma si continuò.»

Quello qui sopra è uno stralcio di un post del gruppo facebook Fedeli e Ribelli che continua a raccontare e a condividere il messaggio delle Aquile Randagie, gli scout che durante il fascismo continuarono a fare attività in clandestinità in val Codera e portarono avanti i valori dello scoutismo.
Questi sarebbero giorni di campi, me lo ricorda costantemente il mio calendario del cellulare. Sarebbero giorni in cui pensarli felici, con le mani e le ginocchia sporche, le labbra secche per il sole, la voce roca per i canti. Sarebbero giorni in cui iniziare a pensare a cosa portare alla giornata dei genitori: il pollo fritto (anche quello con l’impanatura senza glutine per Cristiana) e l’insalata di pasta, la parmigiana con cui Micaela e Silvia si sfidano e ancora non abbiamo deciso chi la faccia più buona, la pizza di pasta di Fortuna, i rotolini con la nutella di Patrizia, l’anguria che segna proprio l’inizio delle vacanze. Sarebbero giorni di cammino, giochi, condivisione, fatica, impegno, verifica.

Invece gli zaini sono appesi letteralmente al chiodo nel nostro sgabuzzino, le camicie stirate nell’armadio, gli scarponcini fermi nella scarpiera del balcone. La bussola continua a segnare il nord, ma non ci sono passi per raggiungerlo. Dopo la scuola, i viaggi oltreoceano e gli abbracci siamo rimasti anche senza campi. Dico siamo perché anche se sono i figli a indossare i pantaloncini di velluto e a mettere al collo un fazzolettone, tutti e 5 viviamo lo scoutismo che, come “sente” benissimo chi lo conosce, è una scelta educativa di famiglia.

La ripresa è stata – per chi non ha ricominciato sarà – dura, ma per quanto sia diverso e difficile si deve continuare. Lo scoutismo deve continuare perché questa società ne ha fortemente bisogno. Perché ancora non ho trovato un altro ambiente educativo in cui il centro riescano a essere contemporaneamente l’individuo e la comunità. Un ambiente in cui si faccia esperienza di impegno, responsabilità, condivisione, speranza, progettualità. Un luogo in cui si cresce insieme – bambini, ragazzi, adulti, famiglie – nel rispetto reciproco, nell’autonomia, nella corresponsabilità, nell’autoeducazione. Nella correzione fraterna, che vuol dire sentire la responsabilità di osservare se stessi e gli altri per capire gli errori di ciascuno e mettersi uno a fianco dell’altro per correggerli e crescere. Aiutarsi e aiutare gli altri a fare sempre del proprio meglio.

Lo scoutismo deve continuare, trasformandosi, a rispondere alle sfide dei tempi, momentanee o stabili che siano. Gli strumenti del metodo si evolveranno, le tradizioni e le abitudini di ogni singolo gruppo cambieranno con il contesto e le persone che vivono in quella comunità, si faranno cose diverse in modi diversi. Ma resterà il cuore di tutto: l’educazione che mette al centro bambini e bambine e il loro impegno per fare del proprio meglio, ragazzi e ragazze e la capacità di essere pronti a cogliere ciò che la vita offre, uomini e donne e la scoperta della felicità nel mettersi al servizio degli altri, per costruire una società giusta, leale, accogliente.

“nessun profumo vale l’odore di quel fuoco…”: abbiamo bisogno di continuare a sentirlo.

il mio posto 

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Ogni giorno fai mille cose, saluti persone davanti a scuola, dal panettiere e al mercato, al lavoro e in palestra dai tuoi figli, da tuo padre.

Sei tante cose: la mamma di, la figlia di, la nipote di, la sorella, l’amica, …

Ma manca sempre un pezzo a queste definizioni, manca sempre un profumo a queste case in cui entri ed esci. Come un rimpianto per ciò che è rimasto fuori.

E poi una domenica pomeriggio, una persona dice ai tuoi figli “Ci sarà stata forse una volta in cui i vostri genitori hanno pensato che stavano proprio bene in un posto, in quel momento “. E se ci penso il mio posto era un prato enorme pieno di polvere e caldo, camicie azzurre e fazzolettoni che sventolavano nel cielo della route nazionale agesci.

Il mio posto era una chiesa piena a metà in cui bambini, ragazzi, giovani adulti e genitori pregavano e parlavano con un’amica che non era più riuscita a contenere la sua angoscia.

Il mio posto è una cena estiva e uno spettacolo improvvisato di bambini tra i 3 e i 10 anni, un divano troppo bello e pulito per essere quello di una famiglia con 12 bambini accatastati e vicini per guardare tutti insieme un gioco sul telefono.

Il mio posto è un cerchio e un alzabandiera sotto una pioggia torrenziale, per celebrare i 60 anni di scoutismo di un gruppo.

Il mio posto cambia,  le persone non sono sempre le stesse. Il contenitore però rimane invariato. Perché quando hai condiviso strada e fatica, montagna e gavette, racconti e fuochi di bivacco, ti rimane qualcosa dentro. Quel profumo che mancava, quel sentirsi completa e ricca della tua storia (dei tuoi genitori, sorelle e fratelli, amici, figli, compagni, lavoro).

Quello è il mio posto, quello da cui non vorrei allontanarmi, ma che sempre mi invita a spingere ancora i miei passi sulla strada. Quello è il posto che vorrei regalare ai miei figli, perché anche loro si sentano a casa.